Il verbo

IL VERBO

Il verbo

 

Il verbo

 
Il verbo (dal latino verbum) che significa parola, svolge un ruolo molto importante all’interno di una frase.
 
Infatti, il verbo ci dà informazioni relative allo stato, modo di essere o all’azione, che gli esseri viventi o le cose compiono o subiscono. 
 
Ci può informare sull’esistenza di qualcuno o qualcosa:
 
Sulla strada ci sono molte macchine. 
Nel supermercato ci sono molte persone.
 
Sul modo di essere di una persona, animale o cosa:
 
Mia madre è felice. 
Il leone è feroce.
 
Sul tipo di azione che compie un essere vivente o una cosa:
 
Il cane abbaia alle persone che camminano per la strada. 
Una frana impedisce il passaggio delle automobili.
 
Sullo stato di un essere vivente o di una cosa:
 
La bambina dormicchia. 
Gli alberi fioriscono in primavera.
 
Su azioni subite dagli esseri viventi o dalle cose:
 
Il gatto è stato morsicato da un cane. 
La lavagna è stata spostata.
 
Inoltre i verbi non si limitano a fornirci informazioni sul tipo di azione, stato, modo di essere, ecc., essi ci informano, insieme ad altre cose che analizzeremo più avanti, il momento in cui l’azione viene effettuata, se nel passato (ho mangiato un panino), nel presente (mangio un panino) o nel futuro (mangerò un panino).
 
In questa sezione dedicata ai verbi analizzeremo:
 
 

CONTINUA A IMPARARE
FAI CLIC QUI

Modi dei verbi italiani

Modi dei verbi italiani

Attraverso i modi verbali, possiamo esprimere in forme diverse ciò che stiamo facendo, sperimentando, pensando ecc.
 
Nell’italiano ci sono sette modi verbali divisi in due gruppi:
 
4 modi finiti
3 modi indefiniti
 
I modi finiti sono chiamati così perché indicano chiaramente sia il numero che la persona che compie l’azione e sono:
 
INDICATIVO che si utilizza per parlare di fatti reali, certi o perlomeno considerati così da chi parla.

CONGIUNTIVO: si utilizza per comunicare opinioni personali, dubbi, sentimenti, speranze, timori.

CONDIZIONALE: si utilizza per esprimere desideri o parlare di avvenimenti subordinati a determinate condizioni.

IMPERATIVO: si utilizza per dare ordini, proibire, consigli, esortare.
 
I modi indefiniti sono chiamati così perché non danno nessun tipo di informazione relativa alla persona e solamente in alcuni casi solo possono indicare il numero e il genere.

INFINITO: esprime l’azione in maniera generica, senza indicare il numero o la persona

PARTICIPIO: indica un’azione come caratteristica attribuita a un nome e può essere utilizzato come aggettivo, come verbo o come avverbio.

GERUNDIO: si utilizza per indicare le circostanze un’azione o se questa è contemporanea o anteriore a un’altra.
 
 

 

Modo indicativo e i suoi tempi

Modo indicativo e i suoi tempi

Il modo indicativo si utilizza per parlare di ciò che è o consideriamo vero e sicuro, infatti è il modo verbale della realtà, della certezza, dell’esposizione obiettiva.

L’inverno è la stagione più fredda dell’anno.

Si compone di otto tempi, 4 tempi semplici:

Presente: mangio
Imperfetto: mangiavo
Passato remoto: mangiai
Futuro: mangerò

e 4 tempi composti:

Passato Prossimo: ho mangiato
Trapassato Prossimo: avevo mangiato
Trapassato Remoto: ebbi mangiato

Futuro Anteriore: avrò mangiato

 
 

Continua a imparare Modo indicativo e i suoi tempi facendo clic sui link qui sotto:

Presente

Imperfetto

Passato prossimo

Passato remoto

Trapassato prossimo

Trapassato remoto

Futuro semplice

Futuro anteriore

 

 

Il significato degli avverbi

GRAMMATICA ITALIANA

Significato degli avverbi


Il significato degli avverbi

Se facciamo un’analisi del significato degli avverbi, possiamo dividerli in sei categorie: avverbi di modo, avverbi di luogo, avverbi di tempo, avverbi di giudizio, avverbi di quantità e avverbi di interrogativi.
  • Il significato degli avverbi di modo o qualificativi, ci fornisce informazioni sul modo in cui si compie l’azione espressa dal verbo o in che modo va intesa la qualità espressa da un aggettivo o il senso di un altro avverbio. Appartengono a questa categoria la maggioranza degli avverbi in –mente e in –oni, gli aggettivi con funzione avverbiale ed alcune altre forme. Essi rispondono alle domande:
agevolmente (aggettivo in –mente) 
penzoloni (aggettivo in –oni) 
guardare storto (aggettivo con funzione avverbiale) 
bene, male, volentieri (altre forme)
 
 
Ci sono anche numerose locuzioni avverbiali di modo:
 
a più non posso 
in fretta e furia 
di buon grado 
in un batter d’occhio 
all’impazzata 
di corsa 
di sicuro 
di solito 
in fretta
 
  • Il significato degli avverbi di luogo, ci fornisce informazioni sul luogo dove avviene un fatto o in cui si trova una persona. Essi rispondono alle domande: Dove? In che luogo? Di dove?
A questa categoria appartengono avverbi come:
 
vicino 
accanto 
dappertutto 
fuori 
dentro 
dietro 
davanti 
sopra 
sotto 
via 
altrove
 
 
le locuzioni avverbiali come:
 
di qua 
di là 
di sopra 
di sotto 
in su 
in giù 
per di qua 
per di là 
da questa parte 
nei dintorni



 

 
appartengono agli avverbi di luogo  anche le particelle ci, vi (poco usato) e ne:
 
nell’aula c’è una lavagna (in quel luogo); 
me _vado (da quel luogo);
 
 
alcuni avverbi di luogo indicano la distanza di un oggetto, di un luogo o di una persona dagli interlocutori:
 
qui, qua (vicino a chi parla) 
lì, là, lassù, laggiù (lontano da chi parla e da chi ascolta)

 

  • Il significato degli avverbi di tempo, ci fornisce informazioni sul tempo determinato o indeterminato in cui avviene un fatto o si determina una condizione. Essi rispondono alle domande: Quando? In quale tempo?  A questa categoria appartengono avverbi come:
ora 
adesso 
oggi 
allora 
prima 
dopo 
ieri 
domani 
poi 
ancora 
presto 
tardi 
sempre 
mai 
già 
finora
 
 
Ci sono anche numerose locuzioni avverbiali di tempo:
 
un giorno 
di quando in quando 
ad un tratto 
in un batter d’occhio 
nel frattempo 
di buon’ora 
in tempo 
in men che non si dica
  • Il significato degli avverbi di giudizio o valutazione, ci fornisce informazioni sull’affermazione, negazione o dubbio con rispetto ad un determinato evento e si possono quindi dividere in tre subcategorie.
    • Avverbi di affermazione:
certo 
certamente 
esattamente 
sicuro 
sicuramente 
proprio 
appunto
  • Avverbi di negazione:
non 
neanche 
nemmeno 
neppure 
mica
 
Se questi avverbi seguono il verbo si deve usare la negazione non, mentre si usano da soli quando lo precedono:
 
non lo vuole nemmeno provare (con il non dopo il verbo)
nemmeno lo vuole provare (senza il non prima del verbo)
  • Avverbi di dubbio:
forse 
quasi 
probabilmente 
eventualmente 
magari 
circa



 

  • Il significato degli avverbi di quantità, ci fornisce informazioni in modo non preciso e indefinito, sulla quantità di ciò che è espresso dal verbo. Essi rispondono alle domande Quanto? In che misura? A questa categoria appartengono avverbi come:
molto 
poco 
tanto 
troppo 
alquanto 
altrettanto 
parecchio 
assai 
abbastanza 
nulla 
niente 
più 
meno 
quanto 
grandemente 
appena
 
 
l’avverbio di quantità affatto significa “del tutto, interamente”, acquista significato negativo solamente quando è preceduto da una negazione:
 
sono affatto sbalordito da quello che dici (del tutto) 
non sono affatto sbalordito da quello che dici (per nulla)
 
 
Ci sono anche alcune locuzioni avverbiali di quantità:
 
a bizzeffe 
press’a poco 
all’incirca 
fin troppo 
né più né meno
  • Il significato degli avverbi interrogativi, ci fornisce informazioni sul modo, il luogo, il tempo, la causa, la misura o il valore con cui viene introdotta una domanda.
Come? (modo) 
Dove? (luogo) 
Quando? (tempo) 
Quanto? (misura) 
Perche? (causa)
 
 
Sono usati nelle interrogazioni dirette:
 
Come stanno i tuoi genitori?
 
Nelle interrogazioni indirette funzionano come congiunzioni subordinative:
 
Ditemi quando farete l’esame.
 
 

Gradi degli avverbi

GRAMMATICA ITALIANA

Gradi e alterazioni degli avverbi

Gradi e alterazioni degli avverbi

Gli avverbi che terminano in –mente, gli aggettivi con funzione avverbiale, e alcuni altri avverbi di modo e di tempo hanno i gradi di comparazione come gli aggettivi:
 
rapidamente – più rapidamente – rapidissimamente (avverbi in –mente)
lento – più lento – lentissimo (aggettivo con funzione avverbiale) 
male – più male – malissimo (avverbio di modo) 
presto – più presto – prestissimo (avverbio di tempo)
 
 
Possono esprimere diversi gradi di intensità del loro significato e quindi, oltre al grado positivo, possono avere il grado comparativo e superlativo.
 

Gradi e alterazioni degli avverbi

  • Grado positivo:
sono partiti presto
  • Grado comparativo di maggioranza:
sono partiti più presto degli altri
  • Grado comparativo di uguaglianza:
sono partiti presto come gli altri
  • Grado comparativo di minoranza:
sono partiti meno presto degli altri
  • Grado superlativo assoluto:
sono partiti prestissimo
  • Grado superlativo relativo:
sono partiti il più presto possibile
 

 

Ci sono cinque avverbi che hanno delle forme particolari di comparativo e di superlativo, simili a quelle degli aggettivi corrispondenti:
 
bene (positivo) – meglio (comparativo) – ottimamente o benissimo (superlativo) 
male (positivo)  – peggio (comparativo) – pessimamente o malissimo (superlativo) 
molto (positivo)  – più (comparativo) – moltissimo (superlativo) 
poco (positivo)  – meno (comparativo) – minimamente o pochissimo (superlativo) 
grandemente (positivo)  – maggiormente (comparativo) – massimamente o sommamente (superlativo)
 
 
Alcuni avverbi, come avviene per i nomi e per gli aggettivi, possono modificare il loro significato aggiungendovi, mediante un suffisso, un’idea di accrescimento (-one) o di diminuzione (-ino) , di grazia (-etto, –uccio) o di disprezzo (-accio):
 
bene – benino – benone 
male – maluccio – malaccio 
presto – prestino 
tardi – tardino – tarduccio 
poco – pochino – pochetto
 



L’avverbio peggio è il comparativo di male. Non si può fare il comparativo di un comparativo:
 
più meglio di così non potrebbe andare (sbagliato) 
meglio di così non potrebbe andare (esatto)
 
L’avverbio meno è il comparativo di poco, è sbagliato usarlo in proposizioni disgiuntive con il significato di no, ed è sconsigliato usarlo al posto di eccetto o tranne:
 
Non so se partirò o meno (sbagliato) 
Non so se partirò o no (esatto) 
Non so se partirò o non partirò (esatto)
C’erano tutti meno tuo cugino (sconsigliato) 
C’erano tutti eccetto tuo cugino (migliore)
 
 

Forma degli avverbi

GRAMMATICA ITALIANA

La forma degli avverbi

 

La forma degli avverbi
La caratteristica principale della forma degli avverbi è che sono invariabili, cioè non modificano la loro forma mediante desinenze per accordarsi con le parole cui si riferiscono:
 
abbiamo visto un ragazzo molto alto; 
abbiamo visto una ragazza molto alta; 
abbiamo visto dei ragazzi molto alti; 
abbiamo visto delle ragazze molto alte;

La forma degli avverbi si divide principalmente in sei categorie:

  • Avverbi semplici quando non sono derivati da altre parole ed hanno una forma propria:
assai bene dove forse già sempre più
  • Avverbi composti quando si formano dall’unione di due o più parole diverse:
infatti (in fatti) almeno (al meno) dappertutto (da per tutto)
  • Aggettivi indefiniti che nella forma invariabile del maschile sono usati in funzione di avverbio:
molto poco tanto altrettanto
  • Aggettivi qualificativi che nella forma invariabile del maschile singolare sono usati in funzione di avverbio:
correre veloce guardare storto vestire giovane
  • Avverbi derivati quando si formano aggiungendo il suffisso –mente e –oni:
    La forma degli aggettivi in –mente si ricava aggiungendo il suffisso a un aggettivo femminile singolare o agli aggettivi che al singolare finiscono con la desinenza in –e, però quando l’ultima sillaba di questi aggettivi è –le o –re, si deve eliminare la ultima vocale:
onestamente (onesta + mente) 
leggermente (corretto) 
leggeramente (sbagliato)
 
la forma degli aggettivi in –oni si ricava aggiungendo il suffisso alla radice di un nome o di un verbo, questi avverbi indicano una particolare posizione del corpo:
bocconi (bocca + oni) 
balzelloni (balzare + oni)
  • Locuzioni avverbiali quando sono formati da due o più parole collegate in forma fissa:
d’ora in poi
press’a poco
di corsa
di tanto in tanto
 



 

l’ Avverbio

L’AVVERBIO

L’ avverbio

 

L’ avverbio

 
L’avverbio (dal latino “adverbium” che si colloca accanto al verbo) è una parola che oltre ad accompagnare un verbo, può anche accompagnare un aggettivo, un nome, un altro avverbio o una frase intera, per modificarne, completarne e precisarne il significato:
 
Gianluca è molto intelligente. (modifica il significato di un aggettivo) 
I ragazzi camminavano lentamente. (modifica il significato di un verbo) 
La quasi totalità degli studenti non ha superato l’esame. (modifica il significato di un nome) 
Gli studenti sono arrivati troppo tardi. (modifica il significato di un avverbio)
 
 
L’avverbio può fornire informazione di tempo, di modo, di luogo, di quantità:
 
Roberto è arrivato presto (di tempo) 
Roberto è arrivato velocemente (di modo) 
Roberto è uscito fuori (di luogo) 
Roberto ha studiato molto (di quantità)
 
L’avverbio può esprimere valutazione, affermazione, dubbio, interrogazione:
 
Roberto è proprio intelligente (di valutazione) 
Roberto supererà sicuramente questo esame. (di affermazione) 
Forse Roberto è ammalato (di dubbio) 
Quando hai conosciuto Roberto? (di interrogazione)
 
L’avverbio compie, rispetto alla parola che accompagna, la stessa funzione che l’aggettivo compie rispetto al nome, quindi è facilissimo distinguere un aggettivo da un avverbio, perché l’aggettivo concorda nel genere e nel numero con il nome al cui si unisce, mentre l’avverbio rimane invariato.
 
Abbiamo mangiato un ottimo pranzo. (aggettivo maschile) 
Abbiamo mangiato un’ottima cena. (aggettivo femminile) 
Abbiamo pranzato ottimamente. (avverbio invariato) 
Abbiamo cenato ottimamente. (avverbio invariato)
 
Fare l’analisi grammaticale dell’avverbio significa stabilirne:
  • la categoria: avverbio o locuzione avverbiale
  • il tipo: di modo, di tempo, di luogo, di qualità, di affermazione, di negazione, di dubbio, interrogativo o relativo
  • il grado: positivo, comparativo o superlativo
talvolta = avverbio di tempo 
all’antica = locuzione avverbiale 
benino = avverbio di modo, diminutivo 
meno = avverbio di quantità, di grado comparativo
 

L’avverbio: usi

La posizione dell’avverbio all’interno di una frase dipende dalla parola a cui fa riferimento, con un verbo si mette dopo, con un aggettivo, un nome o un altro avverbio si mette prima:
 
Parlavano lentamente (dopo il verbo) 
Questi ragazzi sono troppo tranquilli (prima dell’aggettivo)
 
Tuttavia gli avverbi di modo possono modificare la loro posizione:
 
improvvisamente due automobili ebbero un incidente; 
due automobili improvvisamente ebbero un incidente; 
due automobili ebbero un incidente improvvisamente;
 

CONTINUA A IMPARARE
FAI CLIC QUI

Pronomi personali riflessivi

GRAMMATICA ITALIANA

Pronomi personali riflessivi

 

Pronomi personali riflessivi
 
 
I pronomi personali riflessivi si usano quando l’azione compiuta dal soggetto si riflette sul soggetto stesso:
 
Luciana si pettina;
  • in prima persona singolare si usa il pronome atono mi:
mi sveglio tutte le mattine alle sette;

 

  • in prima persona plurale si usa il pronome atono ci:
ci facciamo la doccia prima di partire;
  • in seconda persona singolare si usa il pronome atono ti:
ti guardi allo specchio;
  • in seconda persona plurale si usa il pronome atono vi:
vi addormentate sempre prima delle dieci;
  • in terza persona si usa il pronome atono si al singolare e al plurale:
Carlo si lava i denti prima di andare a dormire; 
Carlo e Francesca si lavano i denti prima di andare a dormire;
 
Quando si vuole dare particolare rilievo ai pronomi personali riflessivi si può usare la forma sia come complemento oggetto, sia come complemento indiretto preceduto da una preposizione:
 
Luciana difende troppo e i suoi amici. (complemento oggetto) 
I miei genitori mi porteranno con . (complemento indiretto)
 
Quando i pronomi personali riflessivi  vengono rafforzati dagli aggettivi indefiniti stesso e medesimo, possono prendere la forma senza accento se:
 
Lui pensa solo a se stesso.

 



Esistono tre tipi di verbi che usano i pronomi personali riflessivi:
  • Verbi riflessivi propri quando chi compie l’azione e lo stesso di chi la riceve:
Vincenzo si asciuga al sole.
  • Verbi riflessivi impropri o apparenti quando il soggetto non compie l’azione direttamente su se stesso ma su qualcosa che gli appartiene:
Vincenzo si asciuga i capelli.
  • Verbi riflessivi reciproci quando un soggetto compie un’azione su un soggetto a la riceve allo stesso tempo:
Vincenzo e Maria si abbracciano.
 
 



Pronomi personali complemento

GRAMMATICA ITALIANA

Pronomi personali complemento

I pronomi personali complemento possono avere tre funzioni e si usano quando il pronome non svolge nella frase la funzione di soggetto.
  • Funzione di complemento oggetto:
guardalo come gioca bene; 
accompagnami a casa per favore; 
ti sto osservando;
  • Funzione di complemento indiretto:
non voglio che mi parli di lui; 
penso sempre a te;
  • Funzione di complemento di termine:
mi hanno portato un libro; 
ti porterò una fetta di dolce;
 
I pronomi personali complemento hanno due forme:
  • le forme toniche o forti, che danno alla frase un particolare rilievo essendo fornite di un accento
  • le forme atone o deboli, chiamate così perché non hanno un loro accento, la pronunzia si appoggia alla parola precedente (enclitica) o seguente (proclitica).

 

 

Le forme toniche dei pronomi personali complemento

 

Le forme toniche dei pronomi personali complemento
 
 
La prima persona singolare io in funzione di complemento usa la forma me, mentre la seconda persona singolare tu in funzione di complemento usa la forma te:
 
se vuoi ti porto con me; 
mi parlavano di te;
 
Le forme forti dei pronomi di terza persona riferite a persona diversa dal soggetto, sono lui per il maschile, lei per il femminile e loro per il plurale sia maschile che femminile:
 
Penso sempre a lui. 
Mi hanno parlato di lei. 
Pranza sempre son loro.
 
Quando il pronome di terza persona in funzione di complemento, ha un valore riflessivo e si riferisce al soggetto della stessa preposizione, si usa la forma , valevole per i due generi e per i due numeri e sovente si rafforza con gli aggettivi stesso e medesimo:
 
parla solo di sé stesso; 
parlano solo di sé stessi;
 
Le forme esso, essa, essi ed esse, in funzione di complemento, si usano solo per indicare animali o cose e non si possono adoperare come complemento oggetto, in questo caso bisogna usare la forma atona lo:
 
Vedi quel quaderno? Portami esso per favore. (forma scorretta)
Vedi quel quaderno? Portamelo per favore. (forma corretta)
 
I pronomi di prima e seconda persona plurale hanno la stessa forma noi e voi, sia in funzione di soggetto che in funzione di complemento:
 
guardate noi; 
pensiamo a voi;
 
Le forme toniche si usano obbligatoriamente quando:
  • il complemento è introdotto da una preposizione:
ricordati di lui; 
puoi parlare con loro; 
puoi giocare con me;
  • nelle comparazioni:
mio fratello è più alto di me; 
loro sono meno educati di te;
  • nelle esclamazioni:
Povero me!; 
Beato te!;
  •  quando sono in funzione di predicati:
se fossi in te, non lo comprerei; 
mi sembra che sia proprio lui;
 
 



 

Le forme atone dei pronomi personali complemento

 

Le forme atone dei pronomi personali complemento
 
 
Vengono chiamate proclitiche, quando si usano prima del verbo:
 
Mi presti il tuo libro per favore?
 
Vengono denominate enclitiche quando si usano dopo il verbo e unite a questo e non possono essere divise inserendo altri elementi:
 
Prestami il libro per favore. 
Presta il libro mi per favore. (non si può fare)
 
L’uso delle forme deboli come enclitiche è obbligatorio quando sono unite a un gerundio, a un participio, a un indefinito, a un imperativo e ad ecco:
 
regalandogli (gerundio) 
voltatosi (participio) 
chiamarli (indefinito) 
aprilo (imperativo) 
eccomi (ecco)
 
Le forme atone dei pronomi sono mi per la prima persona singolare, ti per la seconda persona singolare, ci per la prima persona plurale e vi per la seconda persona plurale:
 
Mi chiamano tutti i giorni. 
Ti regalo un libro. 
Ci accompagni all’aeroporto? 
Vi porto una sorpresa.
 
Le forme atone del pronome di terza persona quando si riferiscono a una persona diversa, per il complemento oggetto sono:
  • lo per la persona singolare maschile
bello questo libro, domani lo compro;
  • la per la persona singolare femminile
bella questa rivista domani la compro;
  • li per la persona plurale maschile
belli questi libri, domani li compro;
  • le per la persona plurale femminile
belle queste riviste, domani le compro;
 
per il complemento di termine sono:
  • gli per la persona singolare maschile
gli ho portato un regalo;
  • le per la persona singolare femminile
le ho portato un regalo;
  • gli e loro per la persona plurale sia maschile sia femminile
gli ho portato un regalo; 
ho portato un regalo a loro;
 
La forma atona del pronome di terza persona con i verbi riflessivi, con i verbi transitivi pronominali e con i verbi intransitivi pronominali è si:
 
Mi alzo alle sei. 
Mi lego le scarpe. 
Mi pento di ciò che ho fatto.
 
Le forme atone si usano solamente per il complemento oggetto e per il complemento di termine:
 
Mi sgridano tutti i giorni. 
Ti porterò un bel regalo.
 
Le forme atone non hanno la corrispondente forma soggettiva e non si possono usare per rinforzare un pronome, inoltre devono sempre essere accompagnati da un verbo:
Ti ho parlato di lui. 
Ti ho parlato di lo. (non si può fare)
Ho scritto una lettera a lui. 
Ho scritto una lettera gli. (non si può fare) 
 
Altri usi di lo, ci, vi e ne
 
L’uso del pronome atono lo può assumere un valore neutro e riferirsi a un’intera frase oltre che a una persona o cosa singola:
 
Ho fumato troppo, non lo faccio più.
 
Il pronome atono lo può riferirsi anche a un aggettivo:
 
Pensate di essere intelligenti ma non lo siete.
 
L’uso dei pronomi atoni ci e vi possono avere la funzione di avverbio di luogo, di pronome dimostrativo, riferirsi a persone e con il significato di esistere o trovarsi:
 
Domani vado al mare e ci resto due giorni. (avverbio di luogo) 
Non ci fare caso. (pronome dimostrativo) 
Con quei bambini non ci gioco. (riferito a persone) 
Ci sono molti studenti nella classe. (esistere, trovarsi)
 
L’uso della particella ne può avere un valore di avverbio di luogo, essere usata come pronome atono con la stessa funzione delle locazioni formate con le preposizioni di, da, e puo avere un valore neutro riferendosi a una intera frase:
 
Me ne vado subito. (avverbio di luogo) 
Tutti ne parlano male. (di lui) 
Ne siamo tornati stanchi morti. (da quel posto) 
Gli daranno quel lavoro? 
Ne dubito. (di ciò)
 
 



Forme accoppiate dei pronomi atoni

 
Forme accoppiate dei pronomi atoni
 
 
Quando i pronomi atoni mi, ti, si, ci, vi e gli sono usati in coppia con i pronomi lo, la, li, le e ne, variano leggermente e diventano me, te, se, ce, ve e glie
 
Il pronome che occupa il primo posto è un complemento di termine, invece il pronome che occupa il secondo posto è un complemento oggetto o di specificazione:
 
Quando mi porti il libro? Te lo porto domani. 
Quando spiegate la lezione agli studenti? Gliela spieghiamo domani.
 
Nelle forme proclitiche, cioè quando i pronomi si usano prima del verbo, si scrivono separati tranne il pronome gli che si unisce all’altro pronome, nelle forme enclitiche invece i pronomi si scrivono sempre uniti:
 
Quanto ti portano i libri? Me li portano domani. 
Quando ti porto i libri? Portameli domani.
 
 

Pronomi personali soggetto

GRAMMATICA ITALIANA

Pronomi personali soggetto

 

Pronomi personali soggetto
 
 
I pronomi personali soggetto indicano le persone che prendono parte come soggetto a un atto comunicativo. 
 
In italiano, a differenza di altre lingue come l’inglese, l’uso dei pronomi personali soggetto è piuttosto limitato, questo succede perché la persona viene indicata dalla desinenza verbale e quindi l’uso dei pronomi personali soggetto può risultare superfluo:
 
io canto – tu canti – lui canta
 
in questi esempi le desinenze -o, -i e –a indicano chi sta facendo l’azione e il pronome non sarebbe necessario.
 
Ci sono casi però in cui è consigliabile l’uso dei pronomi personali soggetto:
  • Con il congiuntivo presente perché presenta la stessa forma per più persone e omettere i pronomi personali soggetto potrebbe creare confusione e ambiguità.
Credi che canti bene? (io, tu o lui?)
  • Quando si vuole dare maggior enfasi alla persona soggetto:
la compriamo noi, non preoccupatevi;
 
I pronomi personali soggetto di prima e di seconda persona (io, tu, noi e voi) sono uguali tanto per il soggetto maschile quanto per il soggetto femminile:
 
tu sei italiano; 
tu sei italiana;
 
pronomi personali soggetto di terza persona invece dispongono di tre coppie per il singolare:
 
egli – ella (persone) 
lui – lei (persone, animali e cose) 
esso – essa (animali e cose)
 
di una forma per il plurale che varia in genere:
 
essi – esse (persone, animali e cose)
 
e una forma per il plurale che non varia in genere:
 
loro (persone e animali)



 
le forme lui, lei e loro si sono affermati e sono usati maggiormente come pronomi di terza persona e in funzione di oggetto, particolarmente nei seguenti casi:
  • per rafforzare il soggetto quando il pronome viene messo dopo il verbo:
l’hanno comprato loro;
lo porto io;
  • quando il pronome è in funzione di predicato:
se io fossi te;
  • nei complementi di paragone dopo come e quanto:
Carlo è intelligente come lui;
  • fra ecco e che pronome relativo:
ecco loro che mangiano poco;
  • nelle contrapposizioni:
voi dite di sì, invece noi diciamo di no;
  • con un verbo al participio o al gerundio:
abbracciando lui ti sentirai più sicura;
tornato lui abbiamo ricominciato a lavorare;
  • nelle esclamazioni ellittiche:
fortunati loro!;
  • in espressioni senza il verbo:
Chi ha rotto il computer?  –  Loro;
  • dopo anche, neanche, nemmeno, neppure, pure e proprio:
neanche loro hanno fatto i compiti; 
senti chi parla, proprio lui che non lavora;
 
In alcuni casi le forme io e tu sono sostituite dalle forme complementari me e te:
  • quando si trovano dopo come e quanto:
devi studiare come me; 
sono felice quanto te;
  • nelle frase dove il soggetto è differente ed hanno una funzione predicativa:
se lui fosse te si sforzerebbe di più;
  • nelle esclamazioni che non contengono il verbo:
povero me!; 
beato te!;
  • nei dialoghi informali:
lo portiamo io e te;
 
i pronomi personali soggetto possono essere rinforzati da stesso e da altri (solo con la 1° e la 2° persona plurale):
 
io stesso – tu stesso – lui stesso; 
noi altri – voi altri;